Visita a Saijō Inari: un tempio in sincretismo buddista e shintoista

Saijō Inari, il cui nome ufficiale è Saijō Inari-Myōkyō-ji, è un tempio buddista della setta Nichiren, sito nella regione di Okayama.
È anche uno dei tre grandi templi del Giappone occidentale dedicati alla divinità shintoista Inari, insieme a Fushimi-Inari Taisha (Kyōto) e a Taikodani Inari (Tsuwano).
Non tutti, nel mondo dello shintoismo, concordano con questa attribuzione.

In Giappone non è insolito trovare templi shintoisti e buddisti all’interno di uno stesso precinto. Ciò in ragione del sincretismo religioso di cui il Giappone ha goduto prima della sua abolizione nel 1868.
Saijō-Inari, tuttavia, è uno dei pochi templi a cui fu permesso, in via eccezionale, di continuare a praticare il sincretismo religioso, e ancora oggi al tempio sono venerate divinità shintoiste e buddiste in modo unitario.

Torii di Saijo Inari Okayama

Il tempio è preceduto da un torii che, con i suoi 27 metri d’altezza, risalta da molto lontano nella pianura. I torii precedono i templi shintoisti dividendo il mondo puro da quello contaminato.

Quando arrivai a Saijō Inari, alcuni visitatori erano intenti nelle loro pratiche buddiste: accendevano candele (simbolo d’illuminazione) e posavano mazzi di bastoncini d’incenso dentro a un braciere (Buddha ama il profumo).
Il fumo bianco e aromatico sprigionava dal braciere e rendeva l’aria nebbiosa, da sogno.

Visitatori donano offerte
Offerta di candele e bastoncini d’incenso a Buddha

Il tutto si svolgeva innanzi al nuovo, grande, tempio buddista, costruito nel 1979 con criteri tipici dell’architettura shintoista.
La mia visita proseguì ad ammirare il vecchio tempio (1740), il suo tetto in scaglie di corteccia di cipresso, l’enorme lanterna rossa appesa al soffitto e le travi con crisantemi finemente scolpiti nel legno.

Dietro ad esso, notai un secondo edificio (foto a destra): è lì che, celate alla vista, trenta divinità sincretiche si alternano ogni giorno.

Improvvisamente il silenzio fu interrotto dal rumore di qualcosa che pareva sbattere violentemente contro le pareti di una scatola: era provocato dalle persone che consultavano l’oracolo dell’omikuji.
Scuotevano un contenitore di metallo da cui usciva un bastoncino di legno da un formo praticato alla base. Poi, con una certa circospezione, aprivano un piccolo cassetto corrispondente al numero scritto sul bastoncino ed estraevano un foglietto con sopra scritto il loro destino. 
Le frasi scritte nel foglietto sono ispirate al sutra del loto (il sutra di riferimento della setta Nichiren).

A differenza di molti templi, a Saijō Inari, il responso “grande sfortuna” non è stato rimosso perché invita a pensare a come migliorare la sorte.
Credo che la famiglia della foto avesse ricevuto una predizione poco favorevole e stesse annodando il proprio foglietto a un apposito filo.
Poco dopo, la vidi mentre, serena, si lasciava la mala sorte alle spalle fra il suono secco di legnetti sonori e parole si preghiera che uscivano dal tempio principale.

Il tempio antico è circondato da templi minori, massha 末社 , al cui interno è celato uno dei settantasette servitori di Inari a cui chiedere protezione.
I massha sono edicole poste l’una accanto all’altra e, insieme a torii, statue di volpi , rocce, bracieri in ferro e altissimi stendardi rossi, formano una coreografia complessa. 

templi minori a Saijo Inari

Ogni divinità ha la sua specializzazione: la gente accende un bastoncino d’incenso, offre una moneta, prega veloce, e passa al massha adiacente. 

Massha
Massha con targhette metalliche che indicano la divinita’ ospitata e il fine della preghiera da esaudire

E così davanti a ogni edicola lessi la targhetta con scritta la richiesta possibile: per non diventare povero, per non avere il cancro, perché non venga la demenza senile, per l’armonia dei rapporti fra coniugi, per la stabilità economica.
E ancora, vicino a stele in pietra, per la salute dello stomaco, delle reni, degli occhi.

Percorso votivo a Saijo inari

La nostra vita e il nostro corpo parcellizzati in tante preghiere, in richieste palesate da altrettante scritte stampate non solo sulle targhette ma anche sulle candele, quasi a dare una fisicità e una direzione inequivocabile e concreta alla richiesta.
Se avessi fatto bene il mio percorso di offerta e preghiera avrei potuto coprire tutte le richieste per vivere una vita molto felice.

Nel precinto del tempio c’era un’altra area particolare, che mi colpì. Lì un signore stava girando attorno a una pietra mentre pregava al fine di recidere un legame.

precinto del ryō mairi
Zona del ryō mairi

Il precinto Ryo Mairi è una zona di preghiera sincretica per propiziare la stretta di legami positivi o la soluzione di legami nocivi. in senso largo
Il rito prevede la preghiera a un piccolo tempio, il compimento di un rituale attorno a una pietra, la scrittura del desiderio sugli ema o l’offerta di un pacchetto bianco con scritto il legame da tagliare.

È cosa importante che, dopo avere pregato per la dissoluzione di un legame, si preghi per la costruzione di un secondo legame positivo di qualsiasi natura.

Per chi volesse approfondire la conoscenza dei rituali del Ryo mairi può leggere in inglese https://inari.ne.jp/en/en-no-massha/ e da questa pagina conoscere altri particolari su Saijō Inari.

Ecco che, come si addice a ogni tempio dedicato a Inari, arriva la volpe.
Come i personaggi importanti, si fa attendere e non è necessario che tenga la scena per molto tempo. Non vi racconterò tutto lo scibile su di essa, non ora.

Lei la volpe, di dimensioni medie sta ai lati di ogni edicola, piccola fa da offerta spicciola. La volpe si espande e si restringe ma il suo ruolo è unico: fare da messaggero fra noi Uomini e la divinità Inari.

Nel folklore giapponese la volpe è un animale magico, spesso infido, ma il messaggero di Inari è, forse, più fido.
Comunque sia, non abbiamo scelta. Solo lei è il nostro tramite; solo lei porta le nostre preghiere a Inari. Dobbiamo fidarci.

A Saijō Inari, la volpe s’insinua negli spazi fra le edicole e gli oggetti posti davanti ad esse. Sbuca fra il fumo dell’incenso con una zampa, solo con il muso o si mostra in tutta la sua forma, quasi a fare capire che, a cavallo fra l’esserci e il non esserci, fra ombra e luce, lei è davvero dappertutto.

La volpe è una figura per me inquietante, il suo muso è feroce. Tuttavia, portando a Inari tutte le richieste che giornalmente riceve, svolge un grande lavoro per Noi, creature fragili.

Tsuwano: un tesoro da scoprire nella regione di Shimane

Tsuwano è un piccolo paese fra le colline della zona occidentale di Shimane.
Lontano dai principali circuiti turistici, ma non privo di visitatori, ha molto da offrire in termini di storia, folklore e cultura.

La città è registrata come importante eredità culturale del Giappone per i suoi angoli che hanno mantenuto l’atmosfera disegnata in un’opera del XIX secolo: Hyakkeizu.
Ho voluto tornare a Tsuwano dopo tanti anni e ho ritrovato intatto il suo fascino.

Arrivando in treno alla stazione di Tsuwano, i colori sono il verde delle colline e il rosso vermiglio che sbuca dalla vegetazione: i torii del tempio Taikodani Inari da cui iniziamo la nostra visita.

Il tempio Taikodani Inari è uno dei cinque grandi templi del Giappone dedicati alla divinità Inari: la divinità del riso, che un tempo significava sopravvivenza per alcuni e abbondanza economica per altri.
Pertanto, Inari è da sempre una delle divinità più venerate del Giappone, e oggi i suoi templi sono visitati da chi possiede o comincia un business.

Taikodani Inari mostra molti degli elementi tipici dei templi dedicati a Inari: è costruito su una collina; lascerete il mondo secolare e contaminato passando sotto a una lunga galleria di torii votivi rossi; vedrete statue di ogni dimensione raffiguranti una volpe, il messaggero fra gli Uomini e Inari.

Taikodani Inari fu costruito nel XVIII secolo per proteggere il castello di Tsuwano dal male. Il castello venne demolito dopo la caduta del regime feudatario, alla fine del 1800 e ora rimangono solo le imponenti basi in pietra.

Lasciato Takodani Inari, andiamo a passeggiare lungo la strada principale di Tsuwano: Tonomachi-dōri.

Il quartiere dei samurai

Tonomachi-dōri taglia il quartiere in cui abitavano i samurai di alto rango e vietato alla gente comune.

veduta della Tonomachi-dori

Ha un aspetto arioso: bianco è il suo lastricato e bianchi sono i muri, che un tempo proteggevano le case dei samurai dai pericoli della strada.
I muri decorati a namako danno movimento e gentilezza alla via, e carpe offrono una nota di colore lungo i canali ai lati della strada.

I tetti di tegole rosso-marrone non stupiscono gli Occidentali ma in Giappone queste tegole (Sekishu Gawara) sono rare. Sono resistenti alle basse temperature tipiche di questa zona ed erano e sono assai costose.
Le stesse tegole, le abbiamo viste sui tetti di Fukiya, il ricco villaggio dell’ocra rossa.

Poche costruzioni e qualche pezzo di giardino hanno resistito al tempo. Tuttavia, i numerosi cancelli di legno rimasti rendono l’idea dello status di chi abitava la Tonomachi-dōri.

Hanko Yoroikan accademia in Tonomachi dori Tsuwano
Facciata della Yoroikan

Fra le costruzioni d’interesse troviamo la Hanko Yoroikan–una scuola fondata nel 1786 per insegnare Confucianesimo e arti militari.
La scuola si rivelò, nel tempo, aperta alla nuova cultura Occidentale, che penetrava nel Giappone attraverso il porto di Nagasaki. Presto iniziò a insegnare discipline Occidentali fra le quali Medicina.

Fra gli intellettuali che studiarono alla Yoroikan vi furono Mori Ogai and Nishi Amane.
Mori Ogai inizialmente un dottore in servizio nell’esercito divenne uno scrittore importante.
Nishi Amane fu un pensatore e introdusse in Giappone il concetto di filosofia. Fu Lui a coniare il nome: tetsugaku (哲学), filosofia.

La chiesa cattolica di Tsuwano

Nel quartiere dei samurai spicca il campanile della chiesa cattolica di Tsuwano, fondata a fine Ottocento ma ricostruita nel 1931.

Chiesa Cattolica Tsuwano interno

Il suo interno ha dei tatami al posto delle panche, ma durante le funzioni vengono offerte sedie pieghevoli!
La chiesa ricorda il legame di Tsuwano con il Cristianesimo. All’interno è spiegata la storia di trentasette Cristiani martiri, deportati a Tsuwano dalla provincia di Nagasaki. Vi parlerò ancora di loro in questo post.

La parte settentrionale della Tonomachi-dori

La zona settentrionale della Tonomachi-dōri non ha i muri bianchi ma conserva numerose case storiche e Tsuwano heritage museum. Il museo introduce vari aspetti della città ed espone una copia dello Hyakkeizu, i cento disegni del 1865 che rappesentano una fotografia dellaTsuwano feudale.

Disegni antichi delle vedute di Tsuwano
Pannello con le illustrazioni dell’ opera Tsuwano Hyakkeizu che documenta la Tsuwano del 1865 . 

Dei vari negozi storici affacciati sulla via ho visitato quello dei produttori di zaracha: Komien Kamiryo Chaho.
Zaracha è un tè dal gusto delicato fatto con tutte le parti della kawaii ketsumei: una pianta della famiglia delle leguminose.


Il tè è bevuto da secoli, in particolare, nella regione di Shimane e si dice che abbia proprietà purificanti.

Diviso dal paese dalla stazione ferroviaria, c’è un tempio in cui furono portati i corpi di trentasette cristiani uccisi per non avere abiurato la loro fede, nel 1868 (il Cristianesimo fu proibito in Giappone dal 1636 al 1875).  Il tempio è Komyōji (a sinistra nella foto), un tempio tranquillo che, come tanti altri, mescola statue di Jizō vestite con bavaglini rossi a oggetti di vita famigliare (un cesto da pallacanestro: perché il monaco e la sua famiglia vivono nell’edificio a fianco del tempio).

I Cristiani provenivano da Urakami, nella provincia di Nagasaki. Dopo più di duecento anni di preghiera nascosti nelle catacombe, la comunità Cristiana di Urakami ruppe la clandestinità per avere interpretato in modo errato un trattato di tolleranza firmato dallo shogun Tokugawa. Il trattato era valido solo per alcuni stranieri residenti in una zona limitata della città di Nagasaki e non di carattere generale.

Centocinquantatre Cristiani vennero, così, deportati a Tsuwano e trentasette morirono in seguito alle torture. Furono portati a Komyōji e seppelliti nella montagna alle spalle del tempio, nel luogo in cui, ora, sorge la Cappella Otome Toge Santa Maria (a destra nelle foto), costruita nel 1931.

Tempio Yomeiji

Poco lontano dalla Cappella c’è Yomeiji. È immerso nel verde degli aceri e deve essere uno spettacolo in autunno!
Fu fondato nel XV secolo ma l’edificio è del 1729.

Yomeiji visto dall'esterno

Il tempio era, nel periodo Edo (1603-1867), uno dei più grandi templi della scuola Zen Soto, e il suo splendore passato è visibile nella splendida architettura dell’edificio principale, nell’imponente tetto in paglia di miscanto, nei suoi interni e giardino.

Il tetto è stato rifatto di recente ma il tempio avrebbe bisogno di maggiori cure.

Le sue stanze hanno fusuma dipinti nella prima metà del XIX secolo da artisti locali e il giardino è di squisita composizione.

Infine, un angolino dedicato a un luogo in cui alloggiare, che raccomando: Tsuwanomad.

Tsuwanomad, che gioca sul doppio significato di Tsuwano-nomad (nomade) e no mado (la finestra di Tsuwano in giapponese).

È una casa deliziosamente ristrutturata composta da tre camere per una ricezione di otto ospiti in totale. Il punto delizioso dell’albergo è l’atomosfera di casa, l’accoglienza semplice, curata e dolce che la padrona, Kanako San, e la sua assistente sanno offrire.

Sempre gentili e sorridenti, solerti ma mai invadenti, rendono l’albergo ospitale, rilassante. Una piccola biblioteca invita alla lettura lenta e a sfogliare l’album di foto che Kanako San ha scattato nel suo viaggio alla scoperta del mondo.

Case rurali del Giappone: scomparsa e recupero di un patrimonio culturale

Continua il viaggio nel mondo delle case rurali tradizionali del Giappone.
In post precedenti, abbiamo visto come sono fatte le case rurali tradizionali e le bellissime case rurali di Shikokumura, un villaggio in cui sono state raccolte numerose case rurali antiche del Settecento e Ottocento.
In questo spiego alcuni dei fattori storici, economici e demografici che stanno alla base della loro scomparsa progressiva dal paesaggio rurale.

Il primo gradino verso la scomparsa delle case rurali tradizionali del Giappone venne posto a cavallo fra l’Ottocento e il Novecento, quando la cultura Occidentale penetrò il Giappone e furono adottati metodi di educazione sulla base di quelli occidentali, cioè basati sullo studio dei testi.

La casa rurale era costruita con tronchi appena sgrossati a cui erano lasciate curvature e nodosità. Pertanto, ogni casa costituiva una caso architettonico a parte la cui costruzione richiedeva nozioni e conoscenze empiriche, tramandate oralmente.
Poco si adattava all’insegnamento sui banchi di scuola.

Al contrario, i metodi di costruzione occidentali, essendo basati su materiale squadrato e seguendo principi precisi, si prestavano bene alla loro trasmissione in forma scritta.
In sintesi: la difficoltà di mettere in forma scritta il patrimonio culturale relativo alla costruzione della minka (termine giapponese per casa vernacolare) ne facilitò la progressiva perdita.

L’architettura d’ispirazione occidentale investì dapprima il mondo urbano e in seguito quello rurale

Fattore demografico: la disgregazione delle comunità rurali

La struttura portante della casa rurale del Giappone era costruita da carpentieri specializzati e itineranti mentre tutto il resto veniva costruito e mantenuto dal proprietario con l’aiuto della comunità rurale intera. 

casa con tetto di paglia di miscanto

Per esempio, il rifacimento del tetto in paglia di miscanto avveniva ogni vent’anni a rotazione e ogni anno c’erano diversi tetti da rifare.
Oltre al lavoro di riparazione del tetto, occorreva curare il miscanto perché crescesse rigoglioso e alla lunghezza e spessore adatti per i i tetti. Occorreva, inoltre, farlo seccare, stivarlo nei magazzini. Tutte operazioni che venivano svolte collettivamente.

Con il massivo esodo dalle campagne alla città, la manutenzione delle case rurali divenne difficile per i pochi anziani rimasti in villaggi spesso lasciati in isolamento dal punto di vista infrastrutturale.
La qualità del miscanto, non curato in modo proprio, s’impoverì e la manodopera specializzata si perse a mano a mano che calava la richiesta di costruire una casa tradizionale .
Il risultato fu l’aumento dei costi del materiale e della mano d’opera per la manutenzione della casa rurale.

casa rurale con tetto di paglia coperto in Giappone
Copertura del tetto in paglia di una casa rurale

I primi a scomparire dal paesaggio furono i kayabuki yane, i tetti di miscanto, che vennero coperti con lamine di acciaio o con lamine dai motivi a tegola.
Andare oggi in campagna in alcune zone del Giappone è spesso vedere tanti tetti scintillanti al sole.

casa rurale tradizionale del Giappone e alberi di cedro
Casa rurale con tetto di paglia fra colline con boschi di cedri

Molte delle case che non rientrano nello standard di “casa di valore” vengono lasciate in abbandono, soprattutto in quelle zone dove la scarsa affluenza di turismo non rende conveniente la loro messa a reddito come piccoli hotel, caffetteria, museo, negozio.

Ho parlato con diversi proprietari, che ancora vivono in una casa il cui tetto avrebbe bisogno di manutenzione.
Il prezzo per ripristinarlo è di molte migliaia di yen.
La maggior parte dei proprietari vorrebbe tenere il tetto in paglia per la sua peculiarità e per un senso di responsabilità culturale ma valuta la sua scarsa durata e la sua bassa capacità di isolare dal freddo come fattore a favore della sua costruzione ex novo come tetto a tegole.
Ottenere sussidi regionali o comunali è cosa impossibile quando la casa non è in una zona protetta da una speciale legislazione come avviene nei villaggi che vedremo nel prossimo paragrafo.

La casa rurale tradizionale è un ricco patrimonio architettonico e culturale che andrebbe maggiormente tutelato.

Qualche minka con tetto in miscanto è visibile nelle campagne delle regioni occidentali del Giappone, non interessate dal disastroso tifone Isewan, che colpì la regione del Tōkai (Aichi, Mie, Gifu, Shizuoka) nel 1959.

Il villaggio delle minka di Miyama
Minka nel villaggio di Miyama

Oggi si possono vedere e talvolta visitare delle minka in villaggi tutelati come quelli di Gokayama (regione Toyama) e Shirakawa (regione Gifu), patrimonio culturale dell’UNESCO, del villaggio di Miyama (vicino a Kyōto) sotto la protezione dei beni culturali della regione di Kyōto.
In questi villaggi, la gente vive nelle minka ed è obbligata a non alterarne l’aspetto esterno e strutturale (le zone interne possono essere cambiate).

Di recente, si assiste a un ritorno della popolazione giovane alle campagne e a un interesse della popolazione straniera verso la casa rurale. Fra le varie associazioni:

la Japan Minka Revival Association opera a livello nazionale con l’obiettivo di dare supporto alla pianificazione per il restauro e la conversione delle minka, e renderle abitabili secondo le nuove esigenze dell’abitare. Attorno all’Associazione si raccolgono architetti, proprietari, studiosi e per chiunque abbia interessi professionali circa la casa rurale tradizionale del Giappone;

la Minka Society opera nel campo del mantenimento della casa rurale (molto spesso posseduta da stranieri) con seminari, eventi e attraverso la pubblicazione di un giornalino scaricabile.

Tsutsugaki: tintura tessile del Giappone rurale

Gli tsutsugaki sono un prodotto dell’arte tintoria popolare del Giappone.
Sono disegni a mano libera eseguiti su cotone e rivelati con una tecnica di tintura a esclusione.
Fatti da artigiani anonimi, erano destinati alla gente comune e ornavano capi destinati a scopi utilitari.
La loro produzione iniziò nel XVII secolo e raggiunse l’apice fra la fine del 1800 e il periodo Meiji (1865-1912) per scomparire nel primo ventennio del 1900.

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Naoshima: fra arte e realtà industriale

Questo è il primo di due articoli dedicati ad alcune delle opere d’arte esposte all’aperto sull’isola di Naoshima (regione Kagawa), un’isola famosa nel mondo per i suoi numerosi musei e installazioni d’arte contemporanea.
Saranno un’occasione per conoscere il rapporto profondo fra la storia e il paesaggio dell’isola, e la sua arte.
In questo post un cestino per la spazzatura diventa il pretesto per parlarvi del lato industriale dell’ isola (quello Nord) e del contesto da cui è nato il progetto Naoshima isola ecologica.
Naoshima, infatti, non è solo arte.

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