Dal bosco alla tavola: i germogli dei bambù

In questo post Vi parlo dei bambù e dei loro germogli: i takenoko. 

Lo faccio attraverso il racconto dei pensieri che mi accompagnavano mentre estraevo i takenoko e delle sensazioni dentro alla foresta. Infine, Vi parlo del processo necessario per rendere i germogli commestibili.

In Giappone, da aprile alla fine di maggio, è il periodo in cui spuntano i germogli di bambù. I germogli si chiamano takenoko in giapponese e la parola si scrive così: 竹の子, letteralmente piccoli (子) di (の) bambù (竹) con significato generale oppure così 筍.
In quest’ultimo caso, 筍 indica germogli di bambù freschi, di stagione, e se questo post fosse scritto in giapponese, andrebbe meglio usare quest’ultimo ideogramma.

È la forza degli ideogrammi! 句 nel calendario stagionale indica un lasso di tempo breve caratterizzato da propri frutti, fiori condizioni climatiche. A questo ideogramma si aggiunge una parte superiore che rappresenta il bambù.

Delle tante varietà di bambù, la specie mōsō è quella più comune in Giappone ed è anche la prima a germogliare, in aprile.

Chi di voi conosce l’antico calendario stagionale del Giappone saprà che il periodo in cui nascono i takenoko ( 竹笋生 takenokoshōzu) si estende dal 15 al 20 di maggio. Probabilmente, il calendario antico si riferisce a una specie di bambù che prolifera più tardi rispetto al mōsō, forse il matake.

In questo post vi racconto della mia esperienza dentro il bosco a raccogliere i takenoko.

bosco di bambù

Il bosco di bambù inizia senza preavviso. Culmi alti anche venti metri si parano davanti agli occhi e, fitti, danno la sensazione che vogliano formare un muro che segni un confine fra il nostro e il loro mondo.
Mi sento osservata da quello scudo di culmi ma mi addentro ugualmente nel bosco, lo faccio con un senso di disagio, come se stessi violando un passaggio, entrando di soppiatto in casa di altri e, imbarazzata, mi viene da chiedere il permesso.

La luce del sole che filtra fra le foglie viene a darmi sollievo. Scende da lassù come una cascata a bagnarmi le spalle. Curiosamente in Giapponese si usa lo stesso verbo per dire fare la doccia e prendere il sole, esserne baciati: abiru, bagnarsi.

Il bosco di bambù è un mondo verde. A seconda dell’età e della stagione i bambù prendono colori diversi. E così il mondo dentro la foresta diventa una tavolozza di verde brillante, verde argentato, verde con una punta d’azzurro. Non a caso molte delle tonalità del verde includono il termine bambù nel loro nome.
Il mondo verde è spezzato poi da linee gialle marroni, beige dei culmi ormai vecchi o senza vita.
La foresta di bambù ha i suoi rumori: il fruscio delle foglie ma, soprattutto, gli schiocchi secchi dei culmi che sbattono l’uno contro l’altro spostati dal vento.
E quel rumore mi ricorda la montagna con gli stambecchi che fanno la lotta sbattendo le loro corna. 

Ai piedi dei bambù molti takenoko fanno già capolino dallo spesso intreccio di foglie secche. Ha piovuto nei giorni passati e, sempre, dopo la pioggia, i takenoko spuntano l’uno dopo l’altro.
Sono spuntoni di colore marrone scuro con un piccolo ciuffo di foglie in cima.
Ma non cerco gli spuntoni ben visibili, occorrono i germogli che si vedono a stento, quelli che devi cercare aguzzando la vista e affinando l’intuito come si fa per trovare i funghi.

Germoglio di bambù

I germogli di bambù sembrano fragili e facili da togliere ma in realtà sono subdoli. Sono come le punte degli iceberg, tutti sotto terra e strettamente ancorati ai rizomi della pianta madre. Questi ultimi formano una rete fitta e rendono il terreno particolarmente duro. Talmente duro che occorre il piccone per estrarre i germogli.

Togliere i takenoko è sudore, fatica che nutre il senso di anticipazione sulle dimensioni del trofeo e sul suo gusto fra i denti.
A me, però, i colpi di piccone contro quelle creature fanno un male e mi consolo dicendomi che è un lavoro assolutamente necessario: la foresta di bambù va sapientemente diradata come si fa per tutti i boschi.
In più, i bambù sono esistenze striscianti, se li lasci stare si prendono tutto lo spazio, anche quello che non vuoi.

Mentre vado di piccone non posso non pensare a come quel germoglio sarebbe cresciuto, di quale spirito, divinità o principessa sarebbe stato dimora.
Penso a Kaguya-Hime, la famosa protagonista di Taketori Monogatari, un racconto datato al X secolo. La piccola principessa, venuta dal mondo della luna, venne trovata da un tagliaboschi di bambù, proprio dentro alla cavità di un culmo.
Oppure penso ai bambù dei kadomatsu, che insieme al pino ospitano le divinità di inizio anno.

Se il takenoko che sto staccando dalla pianta madre fosse diventato adulto sarebbe simbolo di fortitudine, rettitudine morale, semplicità.
Resiliente, sarebbe dipinto in stoffe e oggetti con accanto i fiori di pruno e il pino, secondo una terna nota come “I tre amici dell’inverno”.

Un cigolio lamentoso e il rumore profondo di qualcosa che si spezza interrompe il flusso dei miei pensieri e, fatta leva con il piccone, il takenoko esce dalla terra mostrando la sua parte più profonda di un candido bianco avorio.

E così via, picconate e pensieri, un takenoko dietro l’altro, fino all’ora di tornare a casa.

I germogli vengono puliti come potete vedere e sentire sul mio video sulla mondatura dei takenoko.
Le foglie tenere del cuore cigolano dolorosamente sotto la lama del coltello e le foglie esterne dure e pelose si staccano con un caratteristico scricchiolio. 

Successivamente i takenoko vengono bolliti in acqua a cui è stata aggiunta kome-nuka, la parte del riso che viene tolta durante il processo di sbiancatura.
Pare che kome-nuka assorba, in parte, il gusto amaro e fortemente astringente dell’acido ossalico e della tirosina di cui i takenoko sono ricchi.

Durante la bollitura dei takenoko si forma una schiuma bianca come quella che accompagna la bollitura di molte verdure. 
In giapponese si chiama aku 灰汁, lisciva perché raccoglie le sostanze che interferiscono con il gusto del cibo o lo rendono eccessivamente forte al palato.
Aku viene tolta pazientemente ogni volta che si forma.

Una volta bolliti, i germogli vengono lasciati raffreddare per tutta la notte nella loro acqua e successivamente tagliati a fette e mangiati con opportuni condimenti, oppure fatti cuocere con il riso. Solo se appena colti, come nel nostro caso, possono essere fritti senza essere bolliti.

takenoko bollito

Le fette di takenoko sono graziose e mostrano la potenzialità di crescita che racchiudevano. 
Contengono al centro una pila di setti che si sarebbero allontanati con la crescita della pianta.

I setti avrebbero diviso il culmo in unità discrete che fanno pensare al bambù come la rappresentazione di un susseguirsi di momenti, di stagioni, di fasi della vita.

Mi è difficile spiegare il gusto dei takenoko perché non conosco un cibo con sapore simile. È un gusto tenue con una punta di amaro o un gusto metallico, che a volte fa intorpidire la lingua.

I takenoko hanno “polpa” compatta ma cedevole alla masticazione, a seconda dell’acqua che ha assorbito può essere moderatamente succosa e in ogni caso, sotto ai denti, fa il rumore delle cose croccanti.

I ciliegi da fiore del Giappone, sono lo spettacolo di primavera

Aggiornato aprile 2024

La fioritura dei ciliegi da fiore del Giappone caratterizza una buona parte della primavera.
I primi alberi fioriscono nell’arcipelago di Okinawa (a Sud-Ovest) a inizio marzo, mentre a Nord-Est, nell’isola dell’Hokkaido occorre aspettare fino a maggio.

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