È strano arrivare al villaggio di Shinjō dopo avere attraversato a piedi il ponte sul fiume Asahi.
Manca solo il tipico fremito che accompagna gli incantesimi e poi è proprio come nelle favole, quando varcato un confine invisibile, sei proiettato in un’ altra dimensione.

Il piccolo villaggio, nella parte settentrionale della regione di Okayama, è attraversato da un viale ombroso di sakura (ciliegi da fiore) sul quale si affacciano case tradizionali.
Sul viale passa qualche bicicletta o un’ automobile e poi tutto ritorna tranquillo come se il villaggio dormisse insieme al suo passato.

Ma il Shinjō non è silenzioso in senso assoluto; l’aria è riempita dal cinguettio festoso dei passeri, dallo scrosciare tumultuoso dell’acqua che scorre lungo i fianchi della strada, e dal rumore secco e intermittente delle pale di due piccoli mulini ad acqua.
Amo ascoltare i suoni di Shinjō, percepirne il fascino e la profonda solitudine.
Sono gli stessi suoni che il villaggio ascoltava nei secoli passati.
Venite a sentirli e a vedere il villaggio sul video che ho intitolato: Suoni di Shinjō.
Un tempo, le donne usavano l’acqua delle cunette profonde per le faccende domestiche e cucinavano pesci tenuti vivi nelle stesse vasche dove oggi nuotano carpe ornamentali,
come abbiamo già visto visitando i villaggi di Hino e della borgata Yoshisada.


La strada principale di Shinjō è l’antica Izumo kaidō
Eppure questo viale ormai silenzioso, nei secoli XVII e XVIII, pullulava di mercanti e pellegrini che soggiornavano nelle numerose locande del villaggio.
Si fermava pure il corteo del feudatario della città di Matsue partito alla volta di Edo, l’attuale Tokyō. Il feudatario pernottava nella honjin mentre i suoi funzionari venivano ospitati nella waki honjin di Shinjō. Potete vederle entrambe nelle foto.
Ve la immaginate la strada all’arrivo della processione di centinaia di persone, con i loro cavalli, portantine, bagagli e stendardi? Pensate ai colori, al fermento.

Ma la situazione non era affatto all’acqua di rose!
Chi arrivava a Shinjō da Matsue (compreso il corteo del feudatario), aveva percorso chilometri in salita ripida e quindi arrivava sfinito.
A Shinjō occorreva assolutamente riposare e foraggiare gli animali.
Le stagioni della gaisen sakura dori
Ritorniamo ora alla Izumo Kaidō odierna che a Shinjō si chiama gaisen sakura dōri, la strada (dōri) con i sakura del trionfo (gaisen) perché nel 1908, vennero piantati più di cento sakura per commemorare la vittoria del Giappone nella guerra contro la Russia (1904-1905).
C’è un post per chi volesse approfondire la conoscenza generale sui fiori di sakura.
La gaisen sakura dōri di Shinjō è uno spettacolo ad ogni stagione con i tronchi e i rami secolari dei sakura, che si estendono ad arco a formare una sorta di tunnel.

In estate, il tunnel dei gaisen sakura regala un riparo dal sole verde e l’aria profuma dell’ aroma balsamico dei boschi di conifere che circondano il villaggio.
In autunno, invece, è l’odore del legno umido e del muschio che s’impone.
Le foglie dei sakura si accendono di giallo, rosso, marrone e, se c’è un po’ di vento, lo stormire delle foglie quasi secche copre perfino lo scroscio dell’acqua delle cunette.
In inverno, la strada sarà tutta bianca. Immagino i rami spogli e nodosi dei sakura creare contrasto sul bianco della neve in un contorto gioco di chiari e scuri.
– Quando cade la neve e il sole filtra fra i rami dei gaisen sakura, la strada brilla-
Così mi ha detto con un sorriso la signora anziana che passeggiava sulla strada antica.
Quando, in aprile, i fiori dei sakura sbocciano, Shinjō si trasforma.

Tanta, tanta gente si riversa sulla sua strada per ammirare i fiori dei sakura, ma nessuno pensa più al trionfo e neppure a quella guerra lontana che chissà quante vittime ha mietuto.
Tutti, con il naso in su, ammirano le nuvole di petali, candide, bianche.
I visi s’illuminano e gli occhi rivelano il sorriso che si cela sotto le mascherine (In Giappone la gente continua a usare la mascherina anche alla data di questo post).
Lungo la strada ci sono le bancarelle con prodotti locali: la marmellata, il miele e Hine no mochi cioè il mochi della principessa.
Hine no mochi è il mochi tipico di Shinjō
Hine no mochi è l’orgoglio gastronomico di Shinjō. Quando i sakura sono fioriti, lo si può mangiare sulla strada, abbrustolito alla brace .
Mochi (si legge moci) è una qualità di riso glutinoso che dopo essere stato bollito e pestato con un grosso mortaio, viene ridotto in panetti ed essiccato.

Le forti escursioni termiche della zona pare rendano il riso particolarmente gustoso
Hine mochi va a ruba alla bancarella della signora Sonoko e io l’ho mangiato!
È veramente gustoso.
È morbido al punto giusto e ritiene la dolcezza del riso a cui si aggiunge quella punta di amaro delle zone bruciacchiate.
Condito con la salsa di soia locale è una vera bontà (vorrei che gusto e profumo potessero uscire dal blog!)

