In questo post vi parlo di Hina antiche con particolare riferimento a quelle del XVIII secolo. Lo farò attraverso le Hina viste a varie mostre, che si tengono nei giorni precedenti l‘Hina matsuri, la festa delle bambine.
Vi ricordo che le Hina sono bambole che fungono da dimora temporanea per le divinità protettrici delle bambine e del focolare domestico, e che c’è un post di approfondimento sulle Hina.
Nei mesi di febbraio e di marzo, molte città organizzano dei percorsi espositivi per osservare Hina antiche, moderne o fatte a mano da gruppi di signore locali.
Questi percorsi si chiamano Hina meguri e ne ho parlato qui: Hina matsuri e Hina meguri



Le abitazioni dei ricchi mercanti dei secoli XVIII-XIX sono, a mio parere, il luogo più congeniale per osservare le Hina antiche.
L’essenzialità delle stanze, caratterizzate da elementi lineari (pensate agli orli dei tatami, alle linee orizzontali degli shoji), esalta le linee curve e morbide delle bambole.
Inoltre, l’atmosfera tranquilla ed elegante che si respira nelle case tradizionali e la luce soffusa che passa attraverso gli shōji predispongono all’osservazione lenta e minuziosa dei ricami, del chiaro scuro delle trame dei vestiti, della lavorazione delle corone.
Se le Hina sono state fatte nel periodo Edo (1603-1868), i loro colori spenti dal tempo sono in armonia con quelli dei tatami e del legno. Se invece sono state fatte a fine Ottocento, dopo l’introduzione dei coloranti artificiali, il colore rosso intenso delle vesti dona un accento gioioso agli ambienti.
Le tachinina sono le prime Hina da esposizione
Per parlare delle prime Hina andiamo nella casa di un ricco mercante di sale di Kojima (regione Okayama), la residenza Nozaki, dove ho visto queste eleganti Tachibina (si legge tacibina) del XIX secolo. Tachi, in giapponese significa: che sta in piedi.


Questo tipo di Hina è prodotto anche ai nostri giorni ma ha origini molto antiche, che vanno cercate nel periodo Heian (794-1185), quando Amagatsu e Hōko venivano usate come talismano per allontanare il male e le malattie dai bambini.
Poiché questi talismani sono pezzi da museo e non sono si vedono facendo Hina meguri, ho provato a farle da me (siate indulgenti).
Mi sono inspirata alle figure del libro “Ningyō, The Art of the Japanese Doll”, di Allan Scott Pate , 2004, Tuttle Publishing.
A questo libro meraviglioso devo la piena fruizione degli Hina meguri, di ciò che vedo nei musei e molto del contenuto di questo post.

Per la confezione del kimono ho seguito: 飾って愉しむミニチュアの和服 di 秋田廣子 , 2020 ブティック社.
“Abiti tradizionali del Giappone in miniatura da esporre e godere” di Akita Hiroko, Boutique-sha.
Non vi pare che la forma delle tachibina ricordi quelle dell’amagatsu e della hōko?
Le tachibina non hanno le mani, le braccia dell’obina (il maschio) sono tese a 180 gradi, la forma cilindrica della mebina ricorda la forma della hōko.
Le tachibina della collezione Nozaki sono rivestite di seta e broccato ma le prime Hina erano piatte, di carta irrigidita, ma dovete pensare che la carta era un bene estremamente prezioso fino a oltre il 1700.
Fino al periodo Kan’nei (1624-44), una delle ere imperiali del periodo Edo, le Hina non erano sedute. Le prime Hina sedute (suwaribina), che sono ancora oggi il tipo standard, naquero nel periodo Kan’nei e ne presero il nome. È difficile vedere questo tipo di Hina al di fuori dei musei.
Le kyōhobina riflettono il gusto della classe dei mercanti

Le Kyōho-bina vennero prodotte per la prima volta nel periodo Kyōho (1716-1736) ed erano le Hina della borghesia (Le Hina in foto sono probabilmente del secolo XIX).
Erano Hina esuberanti per l’epoca e furono le prime in cui la mebina portava una corona.
Caratteristiche peculiari delle Kyōhobina sono le vesti a motivi grandi, come piaceva alla classe dei mercanti, uguali per entrambe le Hina.
Gli orli dell’ itsutsuginu (la veste a più strati) sono tutti imbottiti, le mani sono lunghe.
Per inquadrare e capire da un punto di vista storico-sociale queste Hina dovete pensare che nascono e godono di popolarità in un periodo di notevole cambiamento e crescita per il Giappone.
La pace raggiunta sotto il clan Tokugawa già da un secolo aveva permesso il fiorire delle arti (pensate agli Ukiyo-e, al Kabuki, al Jōruri) e dell’economia, dopo secoli di guerre intestine.
La classe dei samurai oltre a perdere la propria identità di guerrieri si era sempre più impoverita e mercanti, attori di kabuki, proprietari terrieri formavano la ricca borghesia.
I nuovi borghesi tuttavia per molto tempo, nonostante ricchi, non poterono fruire degli stessi beni materiali dell’aristocrazia e dei samurai per via delle rigide leggi dello Shogunato ma, nel corso del XVIII secolo, alcuni dei limiti alla libertà di consumo furono emendati.




La nuova borghesia divenne, allora, avida consumatrice di beni e si circondò di molti oggetti artistici, fra cui Hina sempre più elaborate, che venivano direttamente ordinate alle botteghe di artigiani.
Le Kyōhobina divennero un prodotto per ostentare lo status sociale. In origine piccole e composte divennero alte anche circa 50 cm come quelle conservate nel museo del signor Nozaki (foto)
A differenza delle Kyōkobina della prima foto del paragrafo, queste Hina sono teatrali, tengono la scena, un po’ chiassose a mio gusto. Tuttavia, sono di qualità sopraffina, i capelli veri o di seta, le mani con dita in posizioni varie e i visi espressivi. Il gofun che riveste le parti esposte perfetto. Sono Hina di fine Ottocento.
Le yūsoku bina: lusso aristocratico
Dalla residenza Ota di Tomonoura arriva la risposta dell’aristocrazia all’estrema libertà stilistica delle Kyōhobina; una sorta di rivendicazione di gusto e di status: le Yūsokubina.

Yūsoku è l’insieme di regole per il rispetto dell’etichetta a cui ogni membro della corte imperiale doveva e deve tuttora sottostare.
La semplicità di queste Hina è solo apparente, sono di lusso raffinato e rispecchiano i canoni estetici dell’aristocrazia.
La forma a sacco del vestito della mebina riprende quello delle Kan’hei bina che non vi ho mostrato.


I motivi delle stoffe dei vestiti delle Yūsokubina sono prodotti appositamente in scala sulla falsariga di quelli usati veramente dalla corte imperiale e nascono dalla collaborazione fra il gabinetto imperiale delle bambole e quello del guardaroba imperiale.
Le kokinbina sono i genitori delle Hina moderne.

Nella casa del ricco mercante di soia di Ashimori (regione di Okayama), la stanza delle Hina è illuminata da luci poco efficienti ma, dato agli occhi il tempo per abituarsi all’oscurità , tutto è poesia.
Le lanterne, con i fiori di pesco disegnati, diffondono luce calda e arancione che fa luccicare i pannelli dorati e l’oro dei ricami.
Non si può fare a meno di parlare sottovoce.

Le Hina qui esposte sono kokinbina, tutte del periodo Showa (1926-1989) ma questo tipo di Hina nacque intorno al 1770 come alternativa alle Hina dell’aristocrazia e della borghesia, furono una ventata di aria fresca.
Già allora le kokinbina ebbero molto successo e ancora oggi il tipo di Hina standard è Kokinbina.
Le Kokinbina sono più leggere e rotonde nelle forme rispetto ai loro predecessori e se confrontate le Hina del periodo Showa con quelle del periodo Meiji nelle foto potete vedere un progressivo cambiamento del viso (in particolare della dama) che si fa più dolce nel corso degli anni.

In realtà la corsa “all’ultra” aveva coinvolto tutti i tipi di Hina, kokinbina comprese e lo shogunato emanò a più riprese editti che obbligavano la riduzione delle dimensioni e sfarzo delle Hina. Molti artisti trasgressori furono arrestati o multati.
Le Keshibina, sono un tipo di kokinbina piccolo, 10-15 cm di altezza, che divenne pure molto popolare.


Parole di conclusione
Terminiamo qui il nostro Hina meguri ma ci sarebbero tanti altri tipi di Hina antiche da vedere, furono meno popolari ma non sono meno interessanti da mostrare, lo farò un’altra volta.
Spero abbiate modo di vedere le Hina qui in Giappone o a una mostra e se sarà così spero mi scriviate.

