Gli tsutsugaki sono un prodotto dell’arte tintoria popolare del Giappone.
Sono disegni a mano libera eseguiti su cotone e rivelati con una tecnica di tintura a esclusione.
Fatti da artigiani anonimi, erano destinati alla gente comune e ornavano capi destinati a scopi utilitari.
La loro produzione iniziò nel XVII secolo e raggiunse l’apice fra la fine del 1800 e il periodo Meiji (1865-1912) per scomparire nel primo ventennio del 1900.
Quando vidi per la prima volta gli tsutsugaki ne fui subito affascinata per l’intensità espressiva del disegno e la disposizione spaziale degli elementi, che coprono abbondantemente la stoffa senza appesantirla.
Non sapevo che quei disegni a mano libera mi avrebbero raccontato di un tempo passato, dell’arte e della cultura delle gente comune nel Giappone rurale.

Lo tsutsugaki è una tecnica di tintura a riserva
Il termine tsutsugaki significa disegno fatto con lo tsutsu, cioè con uno strumento conico di carta indurita con kakishibu (succo di kaki fermentati di cui ho scritto nel post sui kaki), simile a una piccola sacca da pasticcere.
Spremendo la sacca, una pasta a base di riso glutinoso esce dal beccuccio. La pasta attacandosi fermamente alla stoffa di cotone ne impedisce la successiva colorazione.
La rimozione della pasta di riso dopo bagni consecutivi di indaco rivela linee bianche e nette su sfondo blu. Coprendo e/o scoprendo in successione la stoffa si ottengono aree colorate con diversa intensità di blu.
Potete leggere e vedere qui il procedimento antico usato dall’atelier Nakata di Izumo (Shimane).
Anche la tecnica yuzen viene fatta con uno tsutsu, ma non viene chiamata tsutsugaki perché il termine è riservato ai disegni fatti su cotone e destinati alla gente comune. Lo yuzen era fatto su seta e destinato all’aristocrazia.
Tsutsugaki urbani e rurali
Gli tsutsugaki erano prodotti in ambiente urbano e rurale con tecnica comparabile, ma a distinguere gli uni dagli altri era il diverso uso dei tessuti su cui erano eseguiti.
In ambiente urbano, adornavano stoffe utilizzate nel mondo del lavoro: i noren e gli stendardi pubblicitari dei negozi, le uniformi dei pompieri o quelle dei negozianti, grembiuli. Avevano disegni fatti per essere visti da lontano, spesso il logo o il nome dell’esercizio.
In ambiente rurale, invece, gli tsutsugaki erano disegnati su articoli da offrire ai templi, da usare nei matsuri: i kimono cerimoniali dei pescatori (maiwai), stendardi (nobori); oppure nelle cerimonie: corredo delle spose e del nascituro,
Riportavano, pertanto, disegni di buon auspicio.
In questo post vedremo gli tsutsugaki nati in ambiente rurale.



Nella foto: particolare di un hanten dei pompieri, un maiwai, e pini e pruni simbolo di resilienza su uno yogi , trapunta a forma di kimono.
Tsutsugaki rurali
Gli tsutsugaki dei villaggi nacquero in un mondo di autosufficienza in cui la la filatura del cotone e la tessitura si svolgevano in casa e in parallelo al lavoro agricolo.
La tessitura era praticata come mezzo di sostentamento integrativo della famiglia, per i propri bisogni e per la preparazione del corredo nuziale.
In questo senso, la quotidianità dei villaggi del Giappone non era tanto diversa dalla realtà di molti villaggi italiani in cui il rumore dei telai invadeva ogni strada.
A differenza degli tsutsugaki urbani, quelli rurali sono pervenuti a noi in grande quantità perché facevano parte delle cose da tenere con cura. Yogi e copri futon sono gli elementi pervenuti a noi in numero più copioso.


Nelle foto potete vedere due yogi: una sorta di trapunta con maniche da usare per dormire. Era indossato in modo che la parte chiusa stessa sopra alla pancia. Una striscia di tessuto rimovibile era posta a livello della bocca del dormiente (foto a destra). L’imbottitura in cotone era fermata con vistose cuciture.
Spesso, nel tempo, gli yogi venivano privati dell’imbottitura e tramutati in copri futon (futonji).


Il colore di fondo della stoffa dipinta a tsutsugaki è il blu dell’indaco, con l’eccezione degli stendardi (nobori) utilizzati nei matsuri, che erano su sfondo bianco.
La colorazione con indaco penetra in profondità nelle fibre del cotone, conferisce resistenza alla stoffa e il suo odore, non troppo gradevole, è un repellente per gli insetti.
Era pertanto la più indicata a colorare tessuti destinati al mondo agricolo.
La colorazione era eseguita in casa o nelle kōya o someya, cioè centri per la colorazione.
Le kōya erano concentrate in campagna perché le leggi di Tokugawa non permettevano ai tintori di abitare in città.
Gli artigiani che facevano gli tsutsugaki rimanevano anonimi. Il mondo delle someya era un mondo d’arte che formò e influenzò la produzione di molti pittori fra cui spiccano: Shoga Shohaku (visse nel XVIII secolo) Suzuki Kihitsu (pittore rimpa), entrambi figli di tintori e frequentatori della someya.
Tsutsugaki del periodo Meiji
La caduta del sistema feudale nel 1865 significò la rimozione completa delle rigide restrizioni sociali imposte dal clan Tokugawa.
Agricoltori, artigiani e mercanti (che di fatto erano ricchi) possono ora fare sfoggio di sfarzo, e lo fanno con infinita voglia di vivere di tutti i privilegi appartenuti alla classe dei samurai.
La produzione degli tsutsugaki in questo periodo esprime creatività ed esuberanza mai vista prima, si adatta al gusto della nuova classe borghese delle province, e diviene bandiera della sua ascesa.
Il kamon e la parata nuziale come ostentazione di status.
Fra le libertà acquisite dalla gente comune, quella di potere fare parate nuziali e avere una cresta familiare (kamon) interessa il mondo degli tsutsugaki.
Le due libertà vennero ampiamente usate per ostentare lo status sociale assieme all’esposizione del corredo della sposa.

Kamon enormi venivano disegnati su ogni cosa venisse esposta: sugli yutan (drappi che coprivano casse e mobili e che sfilavano uno dopo l’altro in parata), su yogi e futonji, che venivano esposti nella casa dello sposo.

Più che ornamento, il kamon della famiglia della sposa era una proclamazione del rango di provenienza del nuovo membro della famiglia.
Proprio perché esposti, yogi e futonji vennero adornati da tsutsugaki colorati e lussuosi.
Il linguaggio degli tsutsugaki fra ostentazione e tenerezza
Nel periodo Meiji, in particolare, gli tsutsugaki diventarono particolarmente ricchi ed elaborati. Osservandone la ricchezza è chiaro che la loro origine rurale non è sinonimo di prodotto economico e il corredo di una sposa di buona famiglia diventa particolarmente importante e ricco di tsutsugaki , colorati con tre o più colori, proprio per evidenziare le possibiltà economiche della famiglia.

Il soggetto disegnato era scelto con cura dalla madre della sposa e aveva alto significato simbolico: aironi e tartarughe (simolo di longevità), pini, bambù e fiori di pruno (simbolo di fortitudine e resilienza) auguravano felicità, salute, resistenza ai rigori della vita, fertilità.
In questo senso gli tsutsugaki del corredo nuziale erano anche l’augurio di una madre per una vita felice della figlia.



Gli tsutsugaki oggi
Nel decennio del 1920, la produzione di tsutsugaki cessò per mancata richiesta. L’avvento della stampa meccanica su stoffa e la produzione di nuove tinte artificiali avevano orientato i gusti della società verso fantasie nuove, audaci e più economiche.
Oggi solo quattro atelier in tutto il Giappone producono tsutsugaki da generazioni: l’atelier del signor Nakata e figlio a Izumo (Shimane), a Takamatsu e a Tottori (nobori colorati), Watanabe indigo Dyehouse di Katsuyoshi Watanabe, quindicesima generazione a Gujo Hachiman (Gifu).
Fonti principali:
Reiko Mochinaga Brandon
The art of tsutsugaki-Country textiles of Japan (1986) Weatherhill.
Entani Shigeru
The beauty of tsutsugaki (2007) Mitsumura Suiko Shoin Publishing


Che meraviglia!!!
Grazie Serena!Sono effettivamente disegni molto particolari