L’isola di Naoshima, nella regione di Kagawa, un tempo, era conosciuta come luogo in cui la natura sprigiona un’energia tale da incutere soggezione e senso di timore, un luogo di apparizioni e suggestioni.
Nonostante l’isola, oggi, abbia due centri abitati e una zona Nord industrializzata, la magia della natura vergine è ancora intatta nella zona Sud, le cui colline sono natura indomita.
Se altrove penseremmo all’incolto e all’abbandono, nel paesaggio primordiale di Naoshima, percepiamo qualcosa di arcano.
Laddove l’Uomo non ha osato posare la mano per piegare, nel mese di maggio, fioriscono le acacie e una moltitudine di altri fiori di cui non conosco il nome.



Per tutto il mio giro con la bicicletta mi accompagnò un aroma medicinale intenso, che ricordava quello del sambuco, e il punto in cui il profumo si fece più intenso fu presso l’opera cultural melting bath di Cai Guo-Qiang.

L’opera è installata nel punto in cui, secondo la filosofia del Pheng Shui, scorre il massimo flusso d’energia vitale dell’isola di Naoshima.
Sarà stato grazie all’energia del luogo che il profumo di sambuco si concentrava proprio lì?
Ovviamente no, lo spazio erboso in cui l’opera è installata era protetto, su tre lati, da alti alberi con un’evidente inflorescenza bianca.

Con la sua opera, Cai Guo-Qiang ha creato un luogo dove le diverse culture e realtà del mondo potessero armonizzare, insieme alla natura, dentro a una vasca per idromassaggio riempita di acqua aromatizzata con erbe medicinali.
Ma non fu la vasca, peraltro vuota, ad attrarmi, ma le rocce Taihu, simbolo del paradiso degli immortali nella filosofia Taoista e con il potere di concentrare l’energia vitale.


Sono rocce calcaree i cui buchi, pieghe e anfratti sprigionano la forza modellante dell’ acqua. Davanti a me, erano tempo di migliaia di anni cristallizzato; possenti e allo stesso tempo delicate, mi portavano in dimensioni lontane.
Poco oltre cultural melting bath si trova l’imbocco di un’ampia valle.
Scesi la strada che serpeggiava fino al suo fondo insieme a un gatto nero.
Forse, sperava nel pranzo.
Gli occhi del gatto erano come il verde delle colline, e io in quegli occhi ho visto qualcosa d’immenso che non riesco a spiegarvi.
La valle, fu ribattezzata Valley Gallery nel 2022, quando divenne sede di tre installazioni, in occasione del trentesimo anniversario d’operatività di Benesse Art Site su Naoshima.
Il loro significato globale, scrive Benesse nel suo sito, è quello di “incoraggiare la contemplazione della natura generosa e ritornare a uno stato di religiosità primordiale”.
Significato, in sintonia con lo spirito dell’Isola e della produzione artistica di Yayoi Kusama, Tsuyoshi Ozawa, e di Takao Ando, nel campo dell’architettura.
MA COS’È BENESSE ART SITE (basta fare click per espandere il testo)
Benesse è un’agenzia di servizi rivolti all’educazione di ogni fascia d’età e di cura dell’anziano con sede a Okayama: https://www.benesse-hd.co.jp/en/.
Alla fine degli anni ottanta, il sindaco di Naoshima, per contrastarne lo spopolamento, promosse una politica di “turismo pulito”, che facesse uso delle risorse culturali dell’isola e ne rispettasse la natura e il paesaggio.
Nel 1989, Benesse costruì il Villaggio culturale di Naoshima in cui ragazzi provenienti da varie regioni incontravano arte e coetanei.
Da questo piccolo progetto iniziale, Benesse allargò il raggio degli interventi sull’isola con l’apertura di un museo (Benesse House Museum), la ristrutturazione e conversione ad opera d’arte di vecchie case abbandonate (Art house project), istallazioni a cielo aperto, e la partecipazione al Festival internazionale dell’arte di Setouchi, più noto come Setouchi triennale, che si terrà quest’anno. Nell’insieme, queste realtà costituiscono Benesse Art Site.
In termini di business, la presenza quasi monopolistica di Benesse a Naoshima è da considerarsi no profit.
La tanto chiacchierata opera “Il giardino di Narciso”, che Yayoi Kusama esibì alla Biennale di Venezia nel 1966 è reinterpretata alla Valley Gallery, e integrata parzialmente nell’opera di Ando.
Millesettecento sfere d’acciaio inossidabile galleggiano su uno specchio d’acqua e armonizzano con il paesaggio riflettendone la luce e il verde.



Trascrivo direttamente i miei appunti sul luogo:
il movimento dell’acqua sposta lentamente le sfere, che disegnano paesaggi dinamici. Le sfere d’acciaio riflettono il paesaggio e si specchiano l’una nell’altra. La natura diventa Narciso: si contempla e si amplifica in mille cieli, mille alberi, mille nuvole.
Nasce, così, un mondo volubile della cui espansione siamo parte, con la nostra immagine riflessa sulle sfere.
Alla Valley gallery usciamo dal contingente e diventiamo parte di qualcosa di più universale.

L’impatto dell’opera è stato forte, vedermi proiettata in tempo reale e infinite volte insieme alla natura ha suscitato in me un forte senso di appartenenza.
L’opera di Kusama si intergra con il vicino edificio in cemento armato progettato dall’architetto Takao Ando. Il suo significato si espande a celebrare la forza rigenerativa e ciclica dei processi naturali.
Le sfere, infatti, sono poste anche all’interno dell’edificio e simboleggiano gocce d’acqua che rotolano verso il lago, per ritornarvi sotto forma di pioggia, attraverso le ampie aperture che danno sull’esterno.
La costruzione è concepita come fosse un tempio dal cui interno è possibile osservare la natura e il suo dinamismo, come nel museo di Nariwa (regione Okayama).
La sacralità della valle e l’invito al raccoglimento è ulteriormente sottolineata dagli 88 Buddha di Tsuyoshi Ozawa.
I spirati ad altrettante stele del XVII secolo, che facevano parte di un circuito di pellegrinaggio sito sull’isola, l’opera è fatta con materiale che proviene dalla trasformazione dei rifiuti industriali di Teshima (di cui ho parlato nel post: Naoshima isola industriale). I Buddha meditano di fronte alla meraviglia della natura, e sono il tramite per la riconciliazione dell’Uomo con l’ambiente.

A Naoshima, la bellezza del paesaggio e quella dell’arte sono in sinergia e inducono alla riflessione su chi siamo e sulla nostra collocazione nell’immensità dell’esistenza.
Poco lontano dalla Valley Gallery c’è il museo Lee Ufan.

Passando sotto la porta verso l’infinito, un arco di acciaio rivolto verso l’orizzonte, ho guardato il cielo sopra all’arco perfetto e il mare davanti ad esso, il prato verde, e la natura tutto attorno. Ho pensato “L’infinito è qua attorno a me e io ne sono una parte, cosa voglio di più”.

