Naoshima: fra arte e realtà industriale

Questo è il primo di due articoli dedicati ad alcune delle opere d’arte esposte all’aperto sull’isola di Naoshima (regione Kagawa), un’isola famosa nel mondo per i suoi numerosi musei e installazioni d’arte contemporanea.
Saranno un’occasione per conoscere il rapporto profondo fra la storia e il paesaggio dell’isola, e la sua arte.
In questo post un cestino per la spazzatura diventa il pretesto per parlarvi del lato industriale dell’ isola (quello Nord) e del contesto da cui è nato il progetto Naoshima isola ecologica.
Naoshima, infatti, non è solo arte.

Nonostante l’isola di Naoshima sia munita di mezzi di trasporto efficienti, ho optato per l’affitto della bicicletta, che mi ha permesso di apprezzare l’arte in tutte le sue forme: quella che nasce dalla creatività dell’Uomo e quella insita nella natura, con i suoi paesaggi, fiori e profumi.

La prima opera in programma era “Un’altra rinascita” di Kimiyo Mishima, in quanto sono attratta dalla filosofia dietro alle opere dell’artista.

Spunta all’improvviso, la trovi davanti a te proprio sul lato della strada come se fosse un cestino per l’immondizia. In effetti, lo è.

È un gigantesco cestino di 5 metri d’altezza, colmo di giornali e pubblicità strappati. Guardando i fogli logori, accartocciati e mezzi fuori dal cestino, ti senti avvolto e sopraffatto dall’immondizia.
I giornali sono l’inconfondibile firma dell’artista Kimiyo Mishima, che si è spenta lo scorso anno. Sono la denuncia dell’artista al consumismo, che non risparmia nemmeno la cultura e l’informazione, ormai diventati usa e getta, fragili come ceramica.

Un'altra rinascita di Mishima Kimiyo

La produzione di Mishima, in realtà comprende ogni tipo di rifiuto e si è arricchita di un messaggio ecologico importante dal 2001, quando l’artista cominciò a usare un materiale simile alla ceramica proveniente dallo smaltimento di rifiuti industriali di varia natura.

Leggendo la spiegazione in loco, ho appreso che fu l’artista stessa a proporre l’opera (installata nel 2005) al Sito d’Arte Benesse di Naoshima, dopo avere letto sui giornali circa l’entrata in funzione del nuovo impianto di trasformazione per rifiuti industriali di Naoshima. L’impianto era stato costruito per smaltire il suolo contaminato da rifiuti industriali abbandonati illegalmente sull’isola Teshima, negli anni novanta. 

La scoperta di un deposito illegale di rifiuti tossici sull’isola di Teshima rivelò un enorme disastro ecologico e uno scandalo frutto di connivenze a livello amministrativo.
La vicenda, dopo varie vicissitudini, portò alla costruzione di un impianto di smaltimento per rifiuti tossici sull’isola di Naoshima.

Particolare del cestino di rifiuti di Kimiyo Mishima
Un’altra rinascita, particolare

Nel 2000, la città di Naoshima diede il benestare alla costruzione dell’impianto di smaltimento a patto che la città diventasse un modello di società orientata sull’economia circolare e pulita dove industria, cittadini e istituzioni fossero coinvolte in ugual parte.
L’impianto di smaltimento venne progettato come unità di lavorazione intermedia dalla quale Mitsubishi Material Corporation avrebbe estratto metalli rari.

D’altro canto, la città di Naoshima aveva disperato bisogno di lavoro, di sussidi statali e delle tasse pagate dagli stabilimenti della Mitsubishi Material Corporation, presente sull’isola dal 1917 con le sue fonderie e raffinerie (che in passato, uccisero piante e inquinarono le acque dell’isola) nella zona Nord. 

Mitsubishi vide nel progetto l’occasione per diversificare il proprio business fino allora incentrato sull’estrazione del rame, la cui domanda era in calo. Venne quindi costruito un impianto di raffinazione di metalli pregiati all’avanguardia tecnologica che iniziò le operazioni nel 2003 e che oggi raffina, oltre ai metalli rari, anche oro proveniente da alcune miniere.

Oggi, il polo industriale di Naoshima consta di raffineria-fonderia, impianto di trasformazione di rifiuti industriali e impianto di estrazione di metalli rari a basso impatto ecologico. Sono questi impianti e non l’arte a sostenere economicamente la popolazione dell’isola.

Dalla vicenda buia di Teshima nacque, nel 2001, il piano Naoshima Isola ecologica e al suo interno Naoshima città ecologica, che fu approvato e sussidiato nel 2002 dal Ministero dell’industria e dell’ambiente.
Il piano prevede il coinvolgimento di molteplici realtà (industria privata, amministrazioni comunali e regionali, cittadini, organizzazioni culturali) alla costruzione di una società in cui attività industriali, edilizia, e natura possano convivere in armonia.

Per adempire al progetto Naoshima isola ecologica, le acque di scarto dell’impianto intermedio vengono usate per il raffreddamento delle varie unità, il calore prodotto è riutilizzato e parte dell’energia è di origine solare.

Ottant'otto Buddha do Ozawa

Collocata nella Valley Gallery, di cui parlerò nel prossimo post, l’opera di Tsuyoshi Ozawa consta di bassorilievi raffiguranti ottantotto Buddha fatti proprio con il materiale finale della trasformazione dei rifiuti di Teshima prodotto a Naoshima.
I Buddha pregano in una valle dove la bellezza della natura è commovente.

Mi hanno aiutato alla stesura del post (in inglese):

Elaborato degli studenti dell’Università di Tsukuba sulle isole di Naoshima e Teshima: study trip report Naoshima and Teshima (Tsukuba University)

Report del Ministero dell’ economia, commercio e industria del Giappone: https://www.meti.go.jp/policy/recycle/main/3r_policy/policy/pdf/ecotown/ecotown_casebook/english.pdf

Per chi volesse approfondire la vicenda di Teshima o fosse interessato all’economia sostenibile in Giappone (in inglese): il sito di zenbird media.

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